Si sa, noi italiani siamo i primi in classifica nel consumo di pasta; ne abbiamo creati diversissimi tipi e con i più svariati abbinamenti, ma prima del condimento con il miglior sugo e comunque col sugo preferito, c’è la cottura, che deve essere ottimale.
Affrontando in maniera oggettiva il tema della cottura, dobbiamo sapere che la pasta non deve essere né troppo cotta, né troppo cruda, deve essere cotta al punto giusto, questo perché il tempo di cottura ottimale è un fattore fondamentale per la digestione dell’alimento.
Se la pasta, specialmente quella confezionata con semola di grano duro, è cotta per un tempo inferiore all’ottimale, la parte più interna resta cruda e i succhi digestivi non riescono ad attaccare facilmente l’amido poco idratato, questo rende la digestione più lunga, più complessa e con un maggiore dispendio di energie da parte dell’organismo oppure, ancor peggio, col rischio che la pasta stessa resti indigesta.
Se viceversa è troppo cotta, diventa tenera, scivolosa e molle a tal punto che tende a non essere masticata, proprio quando la masticazione è un elemento chiave nella digestione degli amidi complessi: è nella bocca infatti che già cominciano ad agire gli enzimi contenuti nella saliva sul cibo triturato dai denti. La pasta scotta passa rapidamente nel tubo digerente dove tende a formare un impasto colloso che non solo è difficile da digerire, ma rende più difficoltoso il transito intestinale con conseguenti episodi di stitichezza e dolori addominali.
Si può dunque affermare che la pasta migliore, intesa come pasta più salutare e digeribile, sia quella al dente, dove con il termine “al dente” non ci riferiamo però ad una pasta cruda o poco cotta, bensì ad una pasta cotta secondo i tempi di cottura indicati sulle confezioni che teoricamente sono i tempi di cottura ottimali proprio per una corretta e sana digestione.